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Vishnu è una delle tre divinità che compongono la Trimurti, la triplice forma dell’Essere supremo dell’Induismo, insieme a Brahma e a Shiva. Nella Trimurti, Brahma ha la funzione di ‘dio creatore’, Vishnu è l’entità deputata alla ‘conservazione e al sostegno della vita nell’universo’, mentre Shiva attiene alla ‘distruzione’, processo indispensabile alla conseguente nuova rinascita.
Vishnu, nella tradizione spirituale induista, è l’emanazione che ha il compito di proteggere e sostenere la vita nell’intero cosmo. Il suo incarico è quello di vigilare sull’intera umanità, proteggendola e preservandola dalle forze negative che tentano di annientarla, facendo in modo di difendere e mantenere la vita per permettere la rinascita dopo la disgregazione dell’universo.
A livello figurativo, Vishnu viene raffigurato con le sembianze di un giovane uomo, dalla pelle blu e dotato di quattro braccia. In ciascuna mano regge quattro elementi distinti: una conchiglia che ricorda i cinque elementi e la nascita della vita, una ruota, simbolo dei cicli dell’esistenza e della sua costante instabilità, la clava simbolo della conoscenza primordiale e dell’essenza della vita individuale e un fiore di loto, che richiama l’energia dalla quale ha preso forma l’universo.
Bisogna sempre ricordare che le varie sfumature della religione induista, dai tratti molto vitali e diversificati, sono la risultante della commistione tra entità divine e liturgie antiche di cui si ha notizia sin dal IV secolo a.C. Alcuni tra gli aspetti caratteristici comuni di questa spiritualità sono ben espressi dalla devozione verso Vishnu in quanto re supremo dell’universo da lui stesso creato, custodito e poi distrutto, oltre alla concezione degli avatara, cioè le varie manifestazioni del dio nella realtà tramite le quali il sovrano può agire a favore del mondo.
Vishnu, termine di traslitterazione inglese usato anche in forma ridotta come Visnu, rappresenta la divinità vedica maschile che riunì diverse altre entità come Prajapati, Narayana, Krsna e Purusa, conquistando nella narrazione del mito del Mahābhārata (uno dei più grandi poemi epici indiani), l’icona di divinità che protegge il mondo, il Dharma, e successivamente interviene anche con la protezione dei suoi fedeli. Il culto di Vishnu vide integrarsi nel tempo anche l’antica venerazione di Vasudeva, e ciò portò l’adorazione di Vishnu ad essere uno dei culti maggiori della religione induista, meglio noto come visnuismo o anche vaisnavaismo, derivante dalla radice sanscrita vaisnava, ovvero ‘devoto a Visnù’ (la versione con accento finale è un altro dei modi con cui viene comunemente identificata questa divinità).
Vishnu in alcuni casi assume nomi diversi e, tra i più conosciuti vi sono: Hari, Narayana o Jagannatha.
Nonostante Vishnu sia presente negli antichi testi vedici, la sua posizione nella narrazione epica non rivestiva carattere di preminenza ed è stato necessario raggiungere il consolidarsi della sua immagine nei Purana (gruppo di testi sacri indù) perché maturasse il ruolo che ricopre attualmente nella religione induista.
All’interno dell’orientamento spirituale vishnuita della religione induista, Vishnu ricopre il ruolo di essere superno, assoluto e generoso che è contemporaneamente sovrumano e connaturato al tutto.
Infatti, se analizziamo il termine Vishnu dal punto di vista etimologico, vediamo che il suo significato è ‘colui che dimora in ogni cosa’. Nella narrazione della letteratura spirituale induista, Vishnu ha una stretta correlazione con la manifestazione degli Avatar (le varie incarnazioni del principio assoluto nella materia con aspetto umano), delegati alla protezione del Dharma e incaricati di proteggere il mondo dalle tenebre a cicli costanti. Tra gli Avatar più conosciuti, e di cui parleremo tra poco, abbiamo Rama, Khrishna e Buddha. Vishnu, secondo alcuni movimenti religiosi più recenti, sarebbe addirittura l’avatar di Gesù e Ramakrishna.
All’interno dei RigVeda (‘inni dei Veda’, una delle quattro suddivisioni canoniche dei testi sacri dell’induismo), Vishnu ricopre un ruolo particolare, infatti è il Deva (essere divino o celeste) che esegue i tre passi che servono per determinare tutto l’universo all’interno del quale si trovano tutti gli esseri. Questo aspetto è riscontrabile anche nell’ulteriore significato attribuito al nome Vishnu, che richiama infatti il concetto di ‘diffusione totale’, ovvero l’atto di ‘permeare il tutto’.
Dei tre passi che Vishnu compie per determinare l’universo, il più importante ed elevato è quello che il dio compie nel cielo, spazio che sfugge alla comprensione umana e mortale. L’attributo di natura spirituale, lontana dalla mondanità, è evidente anche nel colore blu della sua pelle che richiama la dimensione dell’etere.
Per la sua centralità nell’universo, Vishnu viene posto e associato al cosiddetto ‘palo’ che sorge nello spazio dedicato ai sacrifici, in quanto linea cosmica che mette in collegamento i Deva con la realtà materiale dell’uomo permettendo così la comunicazione tra loro: i Deva donando benedizioni e gli uomini elevando offerte e preghiere.
Vishnu è strettamente collegato da affinità con Indra, la divinità guerriera che arrivò a ricoprire un posto di massimo rilievo per gli Indoari in occasione della loro invasione e assoggettamento dell’India.
Lo sviluppo del culto di Vishnu ha favorito molte pratiche devozionali (o sampradaya, ovvero ‘tradizioni’) che hanno poi impattato fortemente sulla religione induista in modo marcato. Tra le più antiche e primarie correnti religiose del culto di Vishnu troviamo le liturgie tradizionali dei pancharatra, quelle dei vaikhanasa e quelle dei bhagavata:
Nelle pitture e raffigurazioni di tipo artistico e liturgico nell’induismo, Vishnu viene ritratto con una ‘corona reale’ (Kirita mukuta) che lo caratterizza come Cakravartin (letteralmente ‘colui che gira la ruota del cosmo’), ovvero ‘Signore dei mondi’. Le sue quattro braccia, come abbiamo già accennato sorreggono ciascuna un simbolo, e ognuno di questi rappresenta una delle sue caratteristiche:
Di norma Vishnu è ritenuta la divinità più indulgente delle tre presenti nella Trimurti. Infatti Shiva è orientativamente il dio più feroce, Brahma risulta essere il più distante e Vishnu viene descritto come un genitore amorevole, divinità amica e affezionata alle creature. È un dato di fatto che, in riferimento alla sua figura, sia nata la corrente spirituale bakhti, cioè la spiritualità fondata completamente sulla devozione, sull’impulso del cuore, sull’estasi mistica e sulla gioia dello spirito. In un ambito in cui il concetto di spiritualità era costruito principalmente sulle formule dei mantra e la consapevolezza raggiunta tramite il rigore, Vishnu compare invece in modo diverso, con la carnagione luminosa di un blu chiaro, con un aspetto splendente e adornato di gioielli. Il messaggio è quello che Vishnu, grazie alla pratica devozionale, può essere avvicinato e raggiunto dal sentimento dell’animo umano in quanto aspetto intimo del sacro. L’anima stessa può cingerlo nella sua essenza poiché Vishnu permea il mondo intero.
Il ciclo vitale dell’uomo, in quanto mortale, è dato dall’alternarsi di vita e morte, di fasi creative e distruttive. Nella narrazione mitologica dell’induismo, Vishnu ha il compito di conservare l’equilibrio delle energie opposte in modo che la ruota cosmica possa proseguire il suo ciclo. In ogni gioco/partita, in sanscrito definito ‘lila’, che si svolge nel mondo della materia, esistono sia regole (chiamate dharma) sia delle specifiche funzioni da onorare. Ma, come spesso accade durante il gioco, uno o più dei partecipanti viene catturato dalla frenesia di vincere e, per ottenere ciò desidera finisce col barare.
Ecco che Vishnu, il divino assoluto, che è oltre l’infinito fluire, si materializza sulla terra attraverso una delle sue diverse forme compiute, uno dei suo ‘avatar’, e sopprime colui che ha barato, cioè lo spirito demoniaco del momento responsabile di aver accentrato il gioco. In questo modo la manifestazione ciclica dell’universo può continuare.
Vediamo ora i dieci avatar di Vishnu non prima di aver specificato che, in realtà, non c’è un numero preciso di queste emanazioni né esiste una precisa cronologia in merito all’ordine in cui sono apparse. Gli avatar di Vishnu che descriviamo sono quelli che maggiormente risultano presenti sia nella tradizione riportata nei testi sacri sia nelle raffigurazioni pittoriche e iconografiche. Vediamo dunque quali sono i dieci avatar di Vishnu, descrivendoli uno per uno.
Questo avatar ha il compito di proteggere i quattro Veda (i sacri testi dell’induismo) e gli esseri della terra dalla catastrofe del diluvio universale conseguente alla devastazione del mondo quando esso giunge al termine di uno dei cicli universali (fase di Pralaya). La mitologia indù narra che l’ultimo uomo (e così il primo del nuovo ciclo) chiamato Manu, prova pietà per un minuscolo pesce e, decidendo di salvarlo, permette all’umanità tutta di garantirsi una nuova vita.
Si narra che l’impresa tra le più importanti degli avatar di Vishnu sia il suo fondamentale intervento al progetto di montare l’oceano di latte, sforzo immane a cui collaborano sia gli dei che i demoni, alla perenne ricerca dell’ambrosia, o nettare che dona la vita eterna, nascosto nei fondali marini. L’attrezzo che le divinità utilizzano per frullare le acque dell’oceano è una montagna rovesciata che viene fatta funzionare a forza di braccia grazie ad un serpente lunghissimo che fa la funzione di una corda. La leggenda narra che Kurma, la tartaruga, si offrisse spontaneamente per donare il proprio guscio robusto affinché fosse usato come appoggio per la cima della montagna, così che questa non potesse inabissarsi nella terra.
Nell’iconografia mitologica indù si vede spesso Bhoomi, la dea, o Madre Terra, raffigurata mentre sta in equilibrio sulla zanna di un cinghiale. Bhoomi viene salvata dal demone che l’aveva rapita e rinchiusa nelle profondità marine da Varaha, il cinghiale appunto, che uccide in uno scontro terribile il demone Hiranyaksha e riporta la dea sulla terra, incolume. Vi è un’altra narrazione in cui Vishnu prende la forma del cinghiale per scavare una buca profonda nella terra, alla ricerca delle fondamenta di una gigantesca e impenetrabile colonna di fuoco che, secondo le scritture, sarebbe una manifestazione del dio Shiva.
La lotta di Vishnu per eliminare il re demone Hiranyakashipu, fratello di Holika (demone che brucia durante la festività di Holi), vede il dio trasformarsi in un mostro terrificante. Infatti nessun umano o animale oppure essere sovrannaturale sarebbe riuscito a sconfiggere il demone, nessuna arma avrebbe avuto successo in nessun luogo e in nessun tempo. Il demone, però, non aveva preventivato le mosse di Vishnu che, tramite il suo avatar Naramsinha, metà uomo e metà leone, lo massacra al tramonto sedendosi su uno scranno all’esterno del palazzo del demone stesso.
Narra la leggenda che Vamana, presentandosi come un innocuo nano, riuscì ad imbrogliare Mahabali, re onesto e imparziale, il quale nonostante le proprie buone qualità rimaneva comunque un demone. Sempre secondo i racconti, il re concesse a Vamana di ottenere tutta la terra che riusciva a racchiudere con tre passi. Il nano crebbe così in modo smisurato finché, per compiere il terzo passo, non rimase altro spazio libero che quello occupato dalla testa chinata del re Bali (altro nome con cui viene identificato il sovrano) il quale, schiacciato, fu relegato nelle profondità della terra e regnò sugli inferi.
Il dio Vishnu, nelle sembianze di questo avatar, è un brahmano che distrugge in battaglia molti re, macchiatisi del peccato di aver ucciso i brahmani oltre che essersi rivelati dei veri e propri oppositori del Dharma. L’arma che utilizza Vishnu con questo avatar è l’ascia ricevuta in dono dal suo istruttore di arti marziali, ovvero il dio Shiva. Grazie all’ascia e all’arco Vishnu riesce ad avere la meglio sul dio del mare e sul dio del sole, riportando in superficie la terra estesa da Gokarna a Kanyakumari.
L’epopea del re Rama è descritta all’interno del Ramayana, un testo tra i più noti e narrati in India. Secondo il racconto Rama nasce ad Ayodhya, e per dodici anni resta in esilio nelle foreste insieme alla moglie Sita e ad uno dei suoi fratelli, Lakshmana. La leggenda spiega che ad un certo punto il re dello Sri Lanka, il demone chiamato Ramana, si invaghisce della moglie di Rama, Sita, e la rapisce dando l’avvio a una sequenza di vicende che terminano con una battaglia finale cruenta. Il re e demone Ramana avrà la peggio perché vedrà cadere le sue dieci teste per l’oltraggio provocato a Rama.
Attraverso l’avatar di Krishna, Vishnu tra una battaglia e l’altra nei confronti di demoni e criminali, vive il suo soggiorno sulla terra in un luogo sereno, allietato dalle cure delle ragazze che portano gli animali al pascolo e che sono affascinate dalla sua pelle blu e dal suono dolce del suo flauto. L’esistenza di Krishna è densa di colpi di scena e di azione al punto che questo avatar è stato di grande ispirazione per i poeti e per i filosofi oltre al alimentare la devozione dei suoi fedeli.
Conosciamo tutti la storia del Buddha, ma non tutti sono al corrente del suo novero tra i dieci avatar di Vishnu, e alcuni sostengono infatti che non vi sia nessun collegamento tra loro, e che il nono avatar sia in realtà Balarama. La narrazione vede il Buddha vivere gli ultimi tempi del mondo caratterizzati dal caos. La confusione è talmente pervasiva che non c’è neppure la necessità di demoni da annientare o dei da adorare poiché ciascuno è vittima dell’ignoranza e i rituali, o le pratiche devozionali, sono reiterati in modo meccanico senza alcuna consapevolezza. Ecco che Vishnu, in questo scenario, torna in vita sotto forma di uomo per essere di esempio ed educare tutti all’arte di osservarsi nell’intimo al fine di recuperare la sacralità e la verità del Dharma.
Il decimo ed ultimo avatar deve ancora manifestarsi. È scritto che si presenterà con la forma di un cavaliere armato di tutto punto in sella ad un cavallo bianco. Questa venuta indica che è arrivato il Kaliyuga, guerre e distruzione, calamità naturali sono imminenti e la speranza di salvarsi è svanita. Significa che il Pralaya (uno dei cicli della distruzione) è cominciato e, in breve tempo, l’universo sarà risucchiato dall’ombelico di Vishnu. Dunque l’avatar di Kalki non si mostra come salvatore del mondo ma si manifesta per difendere e conservare la scintilla della vita in attesa dell’inizio del nuovo ciclo.
Vishnu ci offre una riflessione interessante sulla ciclicità delle esperienze che l’essere umano deve attraversare prima di sviluppare la consapevolezza superiore e diventare padrone delle proprie emozioni negative. La ruota cosmica, incessante nel suo movimento di nascita, crescita e distruzione, non è una condanna alla quale nessuno sfugge, ma un invito ad affrancarsi dalle miserie umane per cercare l’elevazione dello spirito. Come ogni elemento della spiritualità induista, anche la figura di Vishnu in tutte le sue manifestazioni è permeata di profondi significati, e sicuramente uno dei più importanti è quello appena descritto, e rimane una pietra miliare nel percorso spirituale di ognuno, indipendentemente dalla specifica religione professata.
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