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Difficile restare indifferenti al fascino che si sprigiona dai molteplici aspetti caratteristici dell’India, del suo popolo, della sua cultura indiana e delle sue tradizioni, oltre che dei luoghi che inevitabilmente hanno segnato il nostro immaginario nei secoli. In questo “viaggio”, che vi permetterà di pregustare quello effettivo che potrete organizzare grazie a Conscious Journeys, proveremo a ripercorrere le diverse sfaccettature della cultura indiana, sottolineandone i tratti più caratteristici.
Quando parliamo dell’India, dobbiamo necessariamente tenere conto della complessità delle tradizioni indiane, degli aspetti legati alla spiritualità, della varietà che contraddistingue gli usi e i costumi e perfino delle diverse lingue parlate in questo vasto continente.
Ogni particolare di questa terra richiama alla tradizione la profondità con cui il suo popolo vive quotidianamente. Stiamo parlando di circa un miliardo di persone che differiscono per lingua, stili musicali, danze, stili architettonici, tradizioni legate al cibo e altre usanze. In ciascuna regione del continente indiano queste tradizioni sono diverse, radicate sul territorio da millenni e costituiscono la vera ricchezza di questo popolo. Inoltre, molti aspetti della cultura indiana, tra i quali la spiritualità e le tradizioni legate al cibo, hanno avuto una forte diffusione nel mondo grazie all’immigrazione.
La cultura indiana pone le sue basi in una civiltà tra le più antiche del pianeta. Studi approfonditi hanno verificato che le sue origini risalgono a circa ottomila anni prima dell’inizio dell’era cristiana. Si pensi che i Veda, gli antichi testi sacri, si collocano temporalmente tra il 2000 e il 5000 circa a.C. Prima di descrivere in dettaglio i vari aspetti della cultura indiana, quindi, sarà opportuno accennare brevemente alla storia di questo affascinante paese.
Il continente India assume questo nome dal fiume che la attraversa, l’Indo, e dalla radice del termine “Hindustan” (Terra dell’Indo) che è stato spesso usato per descrivere il paese. Gli studi indicano che le prime popolazioni si insediarono su questo territorio intorno al 9000 a.C. e, la prima civiltà di cui si ha traccia comparve nella valle dell’Indo verso il 3300 a.C. Nel tempo, varie civiltà presero possesso di questi territori, restando però sempre autonome. Nel 500 a. C. circa, durante il regno del Magadha, ci fu un primo tentativo di unificare i popoli delle varie regioni. L’operazione di unificazione più significativa fu adottata dall’Imperatore Ashoka nel terzo secolo a.C. il quale riuscì a radunare sotto il suo dominio, la quasi totalità del paese. Il concreto progetto di unificazione vedrà la luce diversi secoli dopo, per mano dell’Impero Gupta, definito “età dell’oro per l’India antica”.
Caduto l’Impero Gupta, la nazione si divise nuovamente, permettendo a diverse dinastie di governare il territorio e di iniziare i commerci con l’Impero Romano. Grazie a questi scambi e al sostegno dei sovrani del tempo, in India si svilupparono le arti, le scienze e la letteratura. Nel decimo e dodicesimo secolo, sotto il regno di Akbar il Grande, per l’India si aprì un periodo di fioritura contraddistinto da sviluppo culturale ed economico e di perfetta armonia tra le quattro diverse correnti religiose che si erano formate nei primi secoli: l’Induismo, il Buddismo, il Giainismo, il Sikhismo, definite anche “religioni del Dharma” che sono di fondamentale importanza per le usanze quotidiane della popolazione.
I sovrani della dinastia Moghul erano riusciti, in seguito, a riunire nuovamente tutti i territori che già Gupta e Ashoka avevano accorpato. Sfortunatamente, con il crollo della dinastia Moghul l’India fu di nuovo frammentata in tante piccole regioni e questo aprì il fianco alle potenze europee, che invasero il continente colonizzandolo. L’Inghilterra nel 1856 controllava la gran parte del territorio indiano, con la famosa “Compagnia delle Indie Orientali”, e nel tempo il paese assunse la forma di una vera e propria colonia, gestita a tutti gli effetti dal Regno Unito. L’India riuscì a liberarsi da questo giogo soltanto alla fine del 1947, dopo aver lottato in modo non violento, grazie anche alle politiche di Gandhi. Fu così che il paese raggiunse la sua piena indipendenza.
Nel continente indiano la cultura ha assorbito le contaminazioni storiche e geografiche proprie del suo paese e si è plasmata anche grazie all’avvicendamento delle complesse civiltà che, come abbiamo appena visto, hanno attraversato il suo intero territorio.
Il susseguirsi di questi influssi ha, in qualche modo, lasciato un’impronta sull’apparato culturale del paese, sull’ordito culturale di fondo, già cospicuo e sempre in attenta ricezione, trasformando l’India in un paese dalla vasta pluralità culturale e da un’elevata caratura. Le varie lingue, la musica, le religioni, tutte le tradizioni indiane, nonostante derivino da una base ereditaria comune, sono tutte diverse. Rappresentano, in sostanza, la somma di tutti gli aspetti tipici dell’intera nazione formatisi nel corso tempo.
La struttura sociale dell’India fonda le sue basi su regole ben precise e di stampo gerarchico, per lo più basate sull’aspetto preponderante della spiritualità e dei vari aspetti religiosi che scandiscono il quotidiano della popolazione. Questa struttura sociale è basata sul modello “patriarcale”. Il capo-famiglia ha la responsabilità di tutti i componenti del suo gruppo. La famiglia, infatti, per il modello sociale indiano, è di vitale importanza. Genitori, figli, nonni, cugini, nipoti, zii, vivono sotto lo stesso tetto e si attengono alle regole che stabilisce il patriarca, ossia la persona più anziana, cui non è consentito ribellarsi.
Il padre (patriarca) è la persona che garantisce l’equilibrio e il buon andamento della coabitazione ed è a lui che occorre rivolgersi per avere l’autorizzazione al matrimonio e perfino per organizzare la festa. A livello sociale infatti, in India esiste ancora il matrimonio “combinato”, retaggio a noi noto specialmente nel Sud Italia dei secoli precedenti. La maggior parte degli indiani, infatti, dovrà sposare una persona scelta dalla famiglia. A dire il vero, in questi ultimi periodi, c’è una sorta di apertura e si è arrivati a interpellare i giovani in merito al partner scelto ma siamo ancora lontani dal consentire loro piena libertà di scelta, infatti possono esprimere soltanto un parere in proposito. I matrimoni combinati vengono concertati tenendo in debito conto aspetti di fondamentale importanza per la famiglia: l’età, l’altezza del pretendente, la moralità, i gusti, la posizione sociale della sua famiglia, i possedimenti e, ultima ma non meno importante, la casta a cui appartiene. Nonostante l’unione sia combinata, deve durare per tutta la vita e il divorzio non è ammesso.
In India le regole stabilite dalla legge vietano la corresponsione di una dote in denaro. Ciò nonostante, di fatto, le modalità relative al matrimonio sono articolate diversamente e si usa che la giovane sposa, come suo contributo alle nozze, porti come dote uno scooter, utensili ed elettrodomestici, un’automobile o altro. In genere, la consuetudine delle tradizioni indiane stabilisce che il padre della futura sposa utilizzi i suoi risparmi di un anno intero per la celebrazione del matrimonio.
Le feste indiane di matrimonio durano tre giorni, durante i quali tutti ballano e cantano per celebrare la ragazza che va in sposa. In genere, specialmente nel nord del paese, i matrimoni si celebrano nei mesi che vanno da ottobre a febbraio, e la data della cerimonia di solito è stabilita consultando un astrologo. La coreografia della cerimonia è molto suggestiva e varia da regione a regione ma di norma le stoffe luccicanti dei vestiti indiani e le loro tipiche cromaticità contraddistinguono inevitabilmente l’abbigliamento degli sposi e del contesto matrimoniale.
Una tra le cose affascinanti che contraddistingue l’India è legata alla grande varietà di paesaggi, di fauna e flora che caratterizza il paese. Anche la diversità della popolazione è un aspetto che identifica il continente indiano. Le strade delle città e dei paesi sono costantemente affollate di persone a tutte le ore. Volti sorridenti, cotti dal sole, e colori sgargianti, permettono al viaggiatore di assorbire uno spaccato di vita che lascerà un segno importante nel suo vissuto esperienziale. Data la sua vastità, le caratteristiche somatiche, le tradizioni, gli usi e costumi delle varie popolazioni variano in maniera determinante. Le etnie del sud presentano lineamenti più arrotondati e carnagione più scura rispetto a quelle che abitano il nord. Nella regione orientale dell’India invece, sono maggiormente presenti persone che hanno tratti somatici più vicini all’etnia mongola. Ecco come tutte le popolazioni che compongono il continente indiano raccolgono una serie di contrasti e commistioni che ne decretano il potente fascino esotico. Attualmente l’india conta circa 1.180.000.000 abitanti e la proiezione demografica dice che, con ogni probabilità, basteranno poche decine di anni per superare la densità di popolazione della Cina. Inevitabile, in quest’ottica, che tale diversità non influisca sulla cultura indiana e sulle sue tradizioni.
A livello sociale la popolazione in India è ancora suddivisa in “caste”, aspetto che la cultura occidentale ritiene inammissibile al giorno d’oggi. La casta è assegnata alla nascita, e chi appartiene ad un dato rango sociale si impegna per mantenerlo inalterato conservando l’ipotetica “purezza” e rifiutando contaminazioni con persone di altra estrazione sociale. In genere la casta è direttamente collegata con una specifica attività o professione facilmente riconoscibile grazie all’estrazione economica della persona. Il sistema delle caste è la base dell’ordinativo sociale della cultura indiana, secondo la quale, condurre la propria vita con rettitudine, agire in modo etico e promuovere la moralità, aumenta la possibilità di reincarnarsi in una delle caste superiori, con l’opportunità di vivere meglio, usufruendo così di condizioni più vantaggiose.
Le caste (dette “Varne”) si dividono in quattro tipi:
La leggenda racconta che i brahmini sarebbero nati dalla bocca di Brahma nel momento della creazione, mentre i re/soldati (Kshatriya) sarebbero usciti dalle sue braccia, i commercianti (Vaishya) dalle gambe e infine i contadini (Shudra) dalle estremità dei piedi. Come ultima casta, dopo i contadini (Shudra), ci sono i Dalit, persone impiegate per le mansioni più umili come la pulizia della strada o dei bagni pubblici.
Il continente indiano è considerato il luogo di origine per le religioni dell’induismo, del buddismo, del giainismo e del sikhismo. Queste religioni sono note anche come religioni “dharmiche”, le più diffuse insieme a quelle definite abramitiche. A tutt’oggi induismo e buddismo rappresentano rispettivamente la terza e la quarta religione al mondo con milioni di fedeli. La spiritualità indiana si basa su concetti semplici che permettono alla persona, se assidua osservante, di modificare in concreto la propria situazione di vita. Per gli indiani, il senso di colpa e il rimorso, o rimpianto, sono la base della sconfitta dell’anima: rappresentano la via sicura per il fallimento dell’essere umano. Il rimuginare compulsivo sulle situazioni porta la persona ad esaurire la propria forza vitale in modo del tutto inutile. La saggezza della spiritualità indiana è magistralmente riassunta nelle sue Quattro Leggi della Spiritualità. Queste Leggi affermano, prima di tutto, che il caso non esiste e che tutto ciò che accade, si verifica per un motivo ben preciso: spingerci verso l’evoluzione.
La Prima Legge recita che ogni persona con cui entriamo in contatto ha un suo compito nella nostra vita. Tutte le persone che conosciamo, che ci circondano, quelle con le quali allacciamo rapporti sono nella nostra vita per insegnarci qualcosa e per aiutarci a progredire. La Seconda Legge dice che quello che accade è solo ciò che doveva accadere, ed è una lezione per il nostro ego. La Terza Legge afferma che il momento in cui un evento si verifica è sempre quello giusto, né un attimo prima, né un attimo dopo. La Quarta Legge afferma che, quando una cosa finisce, significa semplicemente che è giunta al suo termine e occorre lasciarla andare. Indubbiamente una saggezza semplice ma di grande impatto per la mente occidentale abituata alle sue complesse sovrastrutture di pensiero.
La cerimonia funebre è uno tra i riti più importanti della cultura indiana. In base alle regole dell’induismo la cerimonia deve aver luogo entro le dodici ore successive al decesso e si deve svolgere sulle rive di un fiume, vicino ad un campo deputato alla cremazione. Il corpo, portato a spalla, viene calato in modo che abbia i piedi nell’acqua. Il rito si conclude con la cremazione del corpo su una pira. Completata la cerimonia, la famiglia del defunto raccoglie le ceneri per spargerle sul fiume mentre si recitano le preghiere. Una nota degna di rilievo: ad oggi non è più legale ma, in alcuni casi, il rito di Sati, il “bagno di fuoco” della cultura indiana, è ancora praticato seppure in modo segreto. Il Sati riguarda la sorte riservata alle vedove quando il marito muore, e prevede che queste ultime siano bruciate sulla pira come il marito defunto, per seguirlo, considerando ciò come un tributo di devozione al proprio consorte. Sicuramente, quello appena descritto, può essere visto come un altro aspetto della poliedricità culturale di questo controverso continente in continua evoluzione.
Il fascino dell’India ha indubbiamente dei connotati “estetici” che ritroviamo in molti degli aspetti quotidiani e nelle tradizioni che contraddistinguono i luoghi e la vita del popolo indiano. Proveremo quindi a ripercorrerli soffermandoci su ognuno dei lati più interessanti e sicuramente legati all’immaginario collettivo.
Un viaggio in India può offrire una straordinaria esperienza dal punto di vista culturale e architettonico. Le meraviglie artistiche che costellano questo paese sono numerosissime: templi incastonati nella natura rigogliosa, architetture diverse ma perfettamente inserite in modo armonico con il paesaggio che le accoglie, arte e spettacolo come espressioni di stili differenti che convivono in una combinazione suggestiva. La radice storica dell’India, che può essere definita millenaria, pare richiamare costantemente gli antichi sfarzi e, tutt’oggi, ci offre tantissimi spunti emozionanti racchiusi nei suggestivi templi ricavati dalla roccia, nei grandi stupa che accolgono e tramandano la storia di Buddha, ma la ritroviamo anche nelle pitture rupestri in Ajanta e Ellora, così come nel meraviglioso Tempio del Sole di Konarak, costruito nella forma di un carro, o nei palazzi della dinastia Moghul e nelle enormi costruzioni in stile musulmano. Ed è proprio questa commistione di stili architettonici e culturali diversi fra loro, specialmente quelli di arte hindu e islamica, che ha permesso dalla fine del dodicesimo secolo la nascita di uno stile artistico-architettonico unico nel suo genere, ovvero l’arte definita indo-islamica e alla quale si rifanno bellezze come il Taj Mahal ad Agra.
L’arte della danza, nella cultura e tradizione dell’India, è strettamente legata alla spiritualità, oltre che al puro intrattenimento degli spettacoli. Questa forma di espressione artistica non ha subito contaminazioni di altre culture e conserva un fascino particolare, determinato dal singolare uso delle mani, che accompagnano i movimenti delicati e sinuosi del corpo, scanditi da cadenze fluide. Si suppone che questa forma di cultura indiana risalga a ben quattromila anni fa, dato che se ne è trovato traccia in pitture e sculture di quel periodo. La tradizione indiana gli assegna un alto grado di spiritualità, originato da un profondo senso religioso. Le particolarità della danza indiana si basano su tre espressioni: il corpo e i suoi gesti espressi con grazia per esaltarne la bellezza; la mimica del volto e le azioni che hanno un codice espressivo ben preciso e evidenziano un concetto o evidenziano un argomento; di nuovo l’espressività del volto, unita ai gesti delle mani e alle parole che anticipano gli aspetti della storia rappresentata. Unitamente alla musica, al canto e al tipo di abbigliamento dei danzatori, la gestualità assume un aspetto fondamentale per questa forma di arte, e ciò che ne scaturisce è una rappresentazione affascinante, coinvolgente che sostiene e mantiene nel tempo la testimonianza del ricco patrimonio culturale indiano tramandato nei secoli. Attraverso questa forma espressiva, infatti, la cultura indiana fa rivivere storie, leggende e folclore millenari racchiudendoli in una ritualità complessa. Una vera ricchezza per il viaggiatore che ha la fortuna di poter assistere a queste rappresentazioni.
Difficile immaginare danze come quelle appena descritte senza che il nostro immaginario richiami istantaneamente lo splendore dell’abbigliamento, del trucco e delle diverse acconciature che caratterizzano le danzatrici indiane. Sarà il caso, quindi, di soffermarsi per un attimo proprio su questo particolarissimo aspetto.
Al di là del fatto che l’abbigliamento di tipo occidentale sta progressivamente dilagando nel paese, l’abito tradizionale indiano per eccellenza che le donne indossano è il sari, ovvero una stola di tessuto della lunghezza di circa 5/7 metri al cui bordo finale c’è il pallu, cioè un lato con decori. Di norma questo vestito indiano è in cotone, di un unico colore o stampato con fantasie decorate a rilievo in seta, ma può essere realizzato anche con tessuti sintetici o broccato. In alcune regioni, come il Bengala, il tessuto più utilizzato è quello trasparente e leggerissimo, con ricami fiorati, oppure in seta arricchita da disegni geometrici. I sari di tessuto bianco sono indossati principalmente dalle vedove, mentre gli abiti quotidiani che vengono indossati solitamente dalle donne sono caratterizzati da colori vivaci tra i quali l’ocra e il rosso. L’abbigliamento è poi arricchito da gioielli: collane imponenti, grandi orecchini e braccialetti colorati, gioielli collocati nell’ombelico.
Le donne che seguono la cultura indiana tradizionale si truccano molto poco. Il classico tilak, ovvero il segno tondo sulla fronte di colore rosso, realizzato con polvere colorata, viene esibito dalle donne sposate. Il giorno delle nozze, con un gesto suggestivo, lo sposo divide i capelli della sposa e colora la linea che separa i capelli con la polvere rossa. Il grande caldo presente in tutta la nazione, non consente di utilizzare altri tipi di cosmetici a parte il rossetto, che le donne applicano specialmente durante i matrimoni. Sia le donne che i bambini usano spesso il khol che applicano al contorno degli occhi per una questione di igiene, ovvero al fine di preservarli dalle infezioni. Molto particolari e di grande bellezza sono invece le acconciature delle donne nella tradizione indiana. Si possono vedere di solito lunghe trecce, abbellite da perle e pettini realizzati con vistosa bigiotteria, e la donna può portare i capelli sciolti fino a quando non va in sposa. Dopo il matrimonio, invece, i capelli devono essere raccolti per dimostrare obbedienza. I capelli per gli indiani sono molto importanti, infatti in occasione della morte di un genitore, per esempio, il figlio deve rasare a zero i capelli, mentre i capelli dei bambini che vengono rasati la prima volta si buttano nel fiume, così come quelli rasati alle vedove. Anche un giovane che riceve il cosiddetto “cordone” di una casta superiore deve essere rasato. Una diversa usanza invece, è riservata per i guru o asceti o per le donne deputate alla danza sacra: entrambi, infatti, secondo la tradizione indiana non si lavano mai i capelli e non li tagliano. Allo stesso modo, i Sikh sono tenuti secondo tradizione a non radersi (in tutto il corpo) al fine di mantenere inalterata la loro forza.
Nelle tradizioni indiane, anche gli uomini osservano determinate regole in fatto di abbigliamento. Gli uomini indiani indossano, infatti, una sorta di camicia di tessuto leggero e pantaloni oppure un dhoti, una stola di tessuto avvolta intorno alla vita e fatta girare fra le gambe. A volte, nella stagione invernale aggiungono un gilet pesante chiuso con bottoni o ancora indossano pantaloni stretti e una tunica che copre parte del collo. In particolari occasioni sfoggiano un altro tipo di tunica, sagomata ai fianchi, che viene indossata su camicie ricche di ricami. In testa indossano tipi diversi di turbanti a seconda della tradizione di origine.
Gli uomini più abbienti sono soliti indossare abiti con bottoni preziosi, in alcuni casi anche dei diamanti di piccole dimensioni collegati agli occhielli del vestito con una fine catena. Oppure sfoggiano grandi scialli leggeri e ricamati che avvolgono in base al tipo di evento a cui partecipano o alle specifiche regole imposte dal rango sociale.
Oltre ai colori, l’India ci affascina anche per i suoi sapori, e le pietanze della tradizione indiana sono davvero molti e diversi, riuscendo ad accontentare ogni genere di palato, ma soprattutto chi ama le spezie e il piccante, e in generale i sapori intensi.
La cucina indiana è indubbiamente più che apprezzata in tutto il mondo grazie ai suoi gusti intensi, dai toni speziati, saporiti e piccanti. Vi sono essenzialmente quattro tipi di cucina indiana, ciascuna riferita ad una delle regioni collocate ai quattro punti cardinali del paese. Ogni regione, poi, ha specifiche peculiarità che sono il risultato di interazioni culturali e tradizioni diverse, unite alla latitudine in cui si esprimono e al tipo di alimenti disponibili in quel dato posto. A nord, ad esempio, la tradizione culinaria è meno piccante che nelle altre regioni e fa un maggior uso di spezie, offrendo piatti molto più elaborati. Ricette gustose, realizzate con carni sia di capra che di agnello, guarnite con salse di yogurt e frutta secca. Il tipo di cucina indiana per eccellenza più apprezzata nel mondo è proprio quella che viene utilizzata al nord dell’India, ossia la cucina della regione del Punjab. Il pollo tandoori, il pane naan e roti, sono tra solo alcune delle diverse specialità che si possono gustare in quell’area del paese. Aglio e zenzero, adoperati in abbondanza, attribuiscono a questo tipo di ricette un gusto singolare e molto apprezzato. La cucina tipica indiana delle regioni dell’ovest è caratterizzata, invece, da due aspetti fondamentali: la vicinanza del mare e la religione del luogo. Infatti nel Rajasthan e nel Gujarat, la popolazione è prevalentemente vegetariana, con una dieta che qualche volta prevede l’introduzione di carne (pollo o maiale) un’abitudine assorbita dal periodo coloniale. Nei piatti di questa regione compare spesso il cocco, usato per dare un tocco particolare al gusto della ricetta. Ad est, nella regione del Bengala, le ricette sono ancora una volta a forte componente di pesce e spezie, con un grande uso di cumino che caratterizza in generale il gusto dei piatti in questa parte del paese. Al sud, infine, il piatto tipico è il biryani, una ricetta composta da carne e riso di tipo basmati, ottenendo un piatto saporito spesso servito all’interno di foglie di banano che gli attribuiscono ancora più fragranza. Tra le bevande, quella più diffusa è il lassi: un mix di spezie e yogurt uniti a mango, limone, zafferano, zenzero e acqua di rose, una vera prelibatezza. La cultura del cibo in India contiene retaggi della cucina turca, persiana ed anche qualche contaminazione di usi e costumi britannici, a causa della dominazione inglese. A causa dei numerosi contatti commerciali che l’India ha sviluppato nei secoli, molte varianti in cucina sono arrivate anche dai paesi arabi, che sono stati i primi a scambiare merci con l’India. Alcuni piatti della cucina tipica Moplah, ad esempio, contengono tradizioni yemenite. Non possiamo poi dimenticare il tè, una vera e propria istituzione da onorare durante un viaggio in India.
Il continente indiano è un agglomerato incredibile di usanze insolite. Proveremo, per concludere, a elencarne alcune tra le più originali, fra cui ve ne sono sia di puramente divertenti sia di fondate su basi scientifiche comprovate.
Per gli indiani toccare i piedi di qualcuno (Pranama) è un gesto importante, di valore morale. Chi riceve questo tipo di attenzione lo apprezza enormemente perché esprime il valore intrinseco del rispetto per l’altro. Vige la credenza che, toccando i piedi di qualcuno, se ne acquisiscono le migliori qualità come la saggezza, la forza e l’intelligenza. Dopo aver toccato i piedi della persona (in genere anziana) si portano le mani al cuore e la persona ci donerà così la propria benedizione. Il ciclo si ripete e perpetua quando i più giovani fanno questo tipo di azione, in un virtuoso ritmo che non si interrompe mai.
Purtroppo è inevitabile riscontrare un’abitudine poco simpatica della popolazione, specialmente nei grandi centri urbani. Gli indiani, infatti, sono soliti orinare contro i muri in modo disinvolto e senza alcuna remora. Così, i più originali hanno adottato uno stratagemma per ovviare a questo inconveniente: applicano sui muri delle mattonelle con iscrizioni sacre e sulle quali sono dipinte le immagini degli dei. Questa trovata pare dare i suoi frutti, infatti nessuno si azzarderà a usare il muro come bagno, in presenza delle immagini sacre.
Gli indiani sono soliti stare spesso seduti a terra con le gambe incrociate specialmente durante il pranzo. Questo tipo di posizione, definita sukhasana, ha un suo motivo. Il fisico infatti, così seduto, può rilassarsi più facilmente e la digestione ne risulterà agevolata anche grazie al piegarsi in avanti per raggiungere le pietanze, movimento che stimola la produzione dei succhi digestivi.
La cultura indiana non finisce di stupirci con le sue tradizioni. Un’altra usanza particolare, presente in varie situazioni a carattere sociale sia di tipo privato come in occasioni pubbliche, è quella di imboccare esclusivamente con le mani, uno per uno, tutti i commensali presenti all’evento, specialmente al momento della torta.
Per finire, parleremo di alcune usanze tipiche della tradizione indiana, che riguardano soprattutto superstizioni e altre credenze tipicamente “popolari”, simili a quelle che si possono riscontrare ancora oggi in alcune zone del sud Italia.
Una superstizione che spesso si riscontra nella cultura indiana è quella di appendere sulla porta, principalmente nel giorno di sabato, un limone insieme ad alcuni peperoncini proprio per allontanare gli influssi negativi di invidia e contrastare i pensieri delle persone negative oltre che per scongiurare eventuali danni alle persone.
Questa pratica ricorda un poco le nostre trazioni del sud Italia, in relazione al famigerato “malocchio”. Una delle particolarità della cultura indiana, infatti, è la scaramanzia. Così, al bambino appena nato, viene disegnato un punto nero vistoso, alla sommità della testa o su una delle guance, denominato kali bindi, perché, secondo l’usanza comune, si pensa che il neonato, troppo adorato, ammirato o lodato, possa ammalarsi. Le persone, dunque, concentrandosi sul “punto nero” eviteranno di portare energie negative al piccolo.
Come abbiamo descritto nel paragrafo dedicato al matrimonio, la data delle nozze nella tradizione indiana viene concordata con l’aiuto di un astrologo (Pandit) il quale stabilirà se, e soprattutto quando, lo sposo (o sposa) potrà unirsi alla persona scelta o assegnata dalla famiglia. Può accadere, nella realtà di un particolare villaggio, che vi siano persone particolarmente sfortunate e che, sposarle, significhi quindi imbarcarsi in numerosi problemi. Al fine di ovviare a questa sfortuna, la persona colpita dalla mala sorte deve preventivamente “sposarsi” con una vacca sacra, animale che nella tradizione indiana è considerato appunto come una divinità, oppure idealmente sposarsi con un albero o ancora con un cane, così da “passare” a loro la propria sfortuna. Solo dopo questo “matrimonio” liberatorio, quindi, la persona può finalmente unirsi alla propria sposa (o sposo) e si può celebrare il matrimonio.
Nella cultura indiana ci sono giorni, stabiliti dal computo astrologico, considerati infausti che prendono il nome di Shradh, dove questo nome indica infatti un giorno considerato di cattivo augurio e durante il quale per tradizione non si dà inizio a nulla di importante, non si fanno acquisti, non si celebrano matrimoni, non si stipulano contratti e non si prendono impegni. Durante il corso dell’anno il numero di date in cui cade questo tipo di giorni è piuttosto nutrito, ecco perché si fa ricorso al Pandit, l’astrologo, per determinarli.
Il continente indiano, così vasto, così complesso e ricco di suggestioni di carattere culturale e spirituale, offre un’esperienza unica a chi sceglie di attraversarlo con un viaggio “consapevole”, l’unico vero modo per apprezzare questo splendido paese. La magica e incredibile India vi aspetta: partite con noi per essere certi di portare a casa qualcosa di indimenticabile.
2 comments
Commento di marta
marta at 12:28
saremo migliori se il nostro sguardo va molto oltre a quello che riteniamo conoscere. Cultura storia arte tradizioni indiane ricche di stimoli e curiosità
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