- by Conscious Journeys
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Lamayuru può essere definito un luogo in cui ritrovare la dimensione spirituale, caratterizzato da un paesaggio unico ricco di fascino e suggestioni. Nella regione meridionale del Ladakh si trova la Valle di Sham con la sua natura rigogliosa che esprime tutto il suo splendore nel periodo dei raccolti. Il percorso per raggiungere questo luogo incantato si snoda attraverso i sentieri che percorrevano le antiche carovane, le quali partivano dalla città di Kargil, passando per un’altra cittadina, Leh, fino ad arrivare quindi a Lamayuru.
Un’antica leggenda narra che in antichità Lamayuru era un lago, scomparso misteriosamente per un prodigio attuato da Lotsawa e Naropa, due mistici degli anni mille. Questo luogo incantato conserva uno dei più antichi e bei gioielli del Ladakh, il monastero di Lamayuru appunto, risalente al decimo secolo, di proprietà della grande setta Kargyu, che professa il buddismo tibetano. Intraprendere un viaggio a Lamayuru significa entrare a contatto con una natura ancora intatta e con panorami affascinanti, ma non solo. Attraversare queste terre vuol dire anche poter visitare luoghi suggestivi in cui la spiritualità del Ladakh è palpabile ed è possibile vivere da vicino le antiche tradizioni delle popolazioni del posto.
Immerso in un paesaggio quasi lunare, nel tratto che va da Kargil a Leh, attorniato dai calanchi consumati dal tempo e dalla furia degli elementi, Lamayuru spunta all’improvviso come un luogo senza età. La popolazione di questa cittadina sfiora le 500 anime e vive sotto la protezione del grande monastero denominato Lamayuru Gompa, un’imponente costruzione collocata su uno costone roccioso, baciata dai raggi del sole per tutto il giorno.
Il cuore della cittadina e le campagne che la circondano si trovano proprio ai piedi del monastero, che copre tutta l’area interessata dei pendii circostanti. La zona, a conformazione glaciale, comprende tutta la zona ed è percorsa dal fiume Drogpo.
Il paesaggio in cui si colloca il monastero di Lamayuru è qualcosa di veramente unico. La sommità su cui si innalza il monastero, una sorta di contrafforte rocciosa, è molto irta, con i fianchi della montagna che appaiono brulli e irregolari.
L’architettura del luogo è una splendida amalgama di stili: tra le case del villaggio di Lamayuru si possono vedere le tipiche abitazioni realizzate in mattoni di fango, i chorten (una sorta di stupa) e, sulla parte alta, si possono scorgere i ‘quarti’ domestici dove vivono e lavorano i monaci. Ogni singolo componente si fonde in un tutt’uno armonioso, come se fossero parte integrante dello scenario naturale e non creati dall’uomo.
Il monastero di Lamayuru è noto per essere considerato tra i più antichi e di vaste dimensioni nell’elenco dei monasteri di fede buddista tibetana sul territorio indiano.
Il solo osservarlo suscita un sentimento di mistico stupore. La sua aura spirituale è molto particolare tanto che nessun altro luogo di ritiro spirituale in Ladakh può competere con la sua intensità emotiva.
Lamayuru Gompa, come è definito, è unico nel suo genere e probabilmente questo è dovuto alla sua particolare collocazione, isolata anche se non nascosta, arroccato sulle pendici scoscese della rupe che lo accoglie e solido nella sua costruzione di mattoni di fango.
Un luogo dello spirito che è stato una tappa sin dall’antichità per chi percorreva la via del Kashmir. Soltanto nella seconda metà degli anni settanta e nei primi anni ottanta, questo territorio ha iniziato ad accogliere turisti stranieri i quali, arrivando nella città di Leh, hanno avuto come benvenuto la maestosa vista del Lamayuru Gompa, un anticipo sconvolgente della tradizione religiosa e dell’architettura del Ladakh.
Un’antica storia racconta che in antichità il territorio glaciale su cui sorge Lamayuru era un enorme lago. Questa affermazione potrebbe corrispondere a verità poiché alcuni geologi ne confermano la teoria, validandola con la scoperta di un avvallamento riscontrato nella zona chiamata Moonland (ovvero ‘terra lunare’, un agglomerato di roccia con sedimenti molto simile al suolo del nostro satellite) dove gli studiosi sostengono potesse esserci proprio un lago.
Secondo la leggenda, il vecchio saggio Arhat Nyimagong usò il suo enorme potere per produrre una fenditura su una sponda del bacino e svuotare così il lago. Una sua profezia, infatti, aveva previsto che sarebbe sorto un enorme monastero proprio sopra la zona liberata dall’acqua. Fu così che, sempre secondo la leggenda, il monaco seminò del mais lungo i bordi della zona prosciugata che, sempre secondo i racconti, cresceva seguendo la forma del simbolo della svastica. Ecco perché il monastero di Lamayuru e chiamato Yang-drung Gompa, infatti ‘yang-drung’ è il termine che indica il simbolo della svastica.
Vi sono altre interpretazioni a proposito di questo nome. Alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi che Lamayuru fosse in antichità un polo religioso della fede Bon, una forma arcaica nativa del Tibet dove Yang – drung indicherebbe in questo caso una corrente ortodossa della religiosità Bon presente nella parte occidentale del Tibet, tuttavia su questa tesi non ci sono riscontri certi.
Il monastero di Lamayuru, appartenente al sottordine di Kagyupa Drigungpa, è uno tra i ‘gompa’ più antichi del Ladakh.
Vi è un altro gompa che risponde a questo sottordine in Ladakh e si trova a Phyang. Purtroppo nel monastero di Lamayuru la presenza di monaci è soggetta ad un forte decremento. Nei primi anni del 1800 i monaci all’interno del monastero erano circa 500. Ai giorni nostri intorno agli anni 2000, si sono ridotti a circa 200, con la presenza di una scuola interna destinata alla formazione dei novizi (getsuls).
Un’altra particolarità di questo monastero era un ‘secondo nome’ con cui veniva definito in passato, ovvero “Tharpa Ling”, che significa ‘luogo della libertà’. Ciò stava a significare che chiunque, all’interno di questa struttura, poteva godere della libertà, compresi i malviventi che vi cercavano rifugio e che, proprio perché si trovavano nel monastero, erano al riparo dall’arresto.
Nel villaggio di Lamayuru ogni anno si svolgono ben due festival. Quello più famoso e notevole è il Yuru Kabgyat, un festival che si svolge nell’arco di due giorni e che ogni anno viene celebrato nel monastero Lamayuru Gompa tra il diciassettesimo e il diciottesimo giorno del quinto mese tibetano, in genere a cavallo di giugno e luglio. Questo importante festival celebra il grande Guru Rimpoche Padmasambhaya, rinnovando uno tra i più importanti precetti del buddismo tibetano con due giorni di incessanti preghiere, danze e rituali volte a contrastare il male e promuovere la pace.
Il Lamayuru Gompa, edificato nell’undicesimo secolo, era inizialmente composto da ben cinque strutture. Oggi, purtroppo, si è conservata soltanto quella centrale. La sala comune del monastero, definita ‘dukhang’, è collocata nella struttura principale, situata sul bordo della rupe rocciosa.
Una lunga scala porta al cortile che si trova di fronte alla sala, arricchita da pitture realizzate sul muro che delimita l’ingresso, che rappresentano le divinità a guardia del santuario. La sala è addobbata con molti stendardi tibetani tipici (thangka) oltre a tende in seta dai molteplici colori.
Due file di tavoli bassi destinati ai monaci arredano l’interno della sala. Sul fondo si possono notare alcune statue di media grandezza, protette da vetri. A sinistra si può vedere la rappresentazione di Guru Rimpoche Padmasambhaya, accanto a Chosky Lotup, un lama di nobile dinastia vissuto a Lamayuru e a seguire vediamo la statua di Shyoba Jigen Sumgon, colui che ha fondato il sottordine del Drigungpa di cui abbiamo parlato poco sopra.
A destra, troviamo le statue che rappresentano altri due guru di questo sottordine, Thinley Zangpo e Zin Chotok. A completamento, vi è una statua del Buddha Sakyamuni, con a fianco i suoi fedeli discepoli Sariputra e Mogallara.
Adiacente alla statua del Buddha si trova una porta che immette in un atrio dove sono collocate statue di altre divinità e diverse sculture di burro finemente lavorate.
Vi è anche una grotta realizzata nella parete di destra del dukhang, grotta che però non è possibile visitare e che si dice sia stata il luogo in cui Naropa ha svolto le sue meditazioni circa un migliaio di anni orsono. All’interno della grotta sono collocate tre statue che raffigurano lo stesso Naropa insieme ai suoi discepoli Marpa e Milarepa.
È consigliabile visitare il dukhang di mattina, quando c’è il raduno dei lama che svolgono il servizio giornaliero. Sarà possibile assistere alla celebrazione della puja (l’atto di adorazione), sostando in rispettoso silenzio alle spalle dei monaci. Inoltre, sarà possibile ammirare le sculture collocate ai lati della sala camminando lungo il suo perimetro.
Di fronte all’entrata del monastero si trovano tre grandi ‘chorten’ (altri stupa) e una statua di Marpa in posizione seduta, mentre di seguito abbiamo una statua di Vajradhara, il Buddha dell’Essenza, e ancora una statua di Milarepa, raffigurato con la mano destra a conca sull’orecchio per cogliere i suoni della natura.
Uscendo dalla struttura principale del monastero, si scende in un cortile dove è collocato un tempio notevole per la sua forma, il Chenresig Lhakhang, consacrato ad Avalokiteswara. Si tratta di un edificio realizzato in legno, di foggia molto antica e illuminato in modo suggestivo. Nella parte centrale dell’altare, è collocata un’immagine del fondatore del sottordine religioso, Skyoba Jigten Sungon, attorniata da tante altre piccole sculture realizzate in argilla.
Ai lati dell’immagine del fondatore, ci sono le raffigurazioni di alcune dee Ihamos alle cui spalle si trova una sequenza di statue di guru, per la parte sinistra, mentre invece a destra abbiamo una statua di Buddha Sakyamuni insieme ai suoi discepoli.
Alle spalle di queste rappresentazioni si trova Avalokiteswara raffigurato con le mille braccia e le undici teste. Si tratta di una delle immagini più stupefacenti che incontra lo sguardo del visitatore al suo ingresso nell’atrio.
I templi hanno tutti, nella parete di destra, file di otto chorten decorati con murales, tra cui alcuni che raffigurano le divinità nell’abbraccio yag-yum (che esprime la potenza della creazione), compreso Buddha e Prajnaparamita.
Nei pressi del monastero di Lamayuru sorge un santuario molto antico, il tempio di Sengge-Gang purtroppo non in buono stato, motivo per cui di norma è chiuso.
Secondo la leggenda, il nome di questo tempio deriverebbe da un avvenimento legato alla scomparsa del lago ad opera di Arhat Nvimagong. Si narra che, quando il lago scomparve, sul fondo del bacino fu ritrovato un leone morto. Per questo motivo, al santuario costruito in quel punto preciso, fu dato il nome di Sengge-Gang che significa, appunto, ‘leone tumulato’.
La datazione di questo tempio in base alle affermazioni di alcuni studiosi, è intorno al l’undicesimo o dodicesimo secolo, all’epoca di Rinchen Zangpo, ma questa tesi non è stata avvalorata da riscontri storici.
Anche questa struttura ha uno stile curato e ricercato. Nella stanza principale del santuario sono presenti sculture di pregio. All’interno di un arco, raffigurato seduto con le gambe incrociate e le mani con la posizione del mudra della predicazione, troviamo il Dhvani Buddha adornato dalla corona a 5 foglie.
All’esterno si trova un altro ampio arco che racchiude un complesso di sculture posizionate ai lati di Vairochana, raffiguranti leoni dalle code arrotolate collocati sopra le schiene di elefanti. Il gruppo complesso di statue contiene anche dei suggestivi mostri marini (Makara) che si intersecano con la grande Fenice Garuda dalle ali maestose.
I muri mostrano tratti di pitture antiche, purtroppo danneggiate. Solo alcuni mandala sono ancora visibili.
Lamayuru è un luogo molto particolare. Un viaggio in Ladakh e la visita a questo piccolo villaggio così ricco di storia e spiritualità, è qualcosa di profondamente emozionante poiché offre l’opportunità di sperimentare un periodo di esperienza monastica.
Noi di Conscious Journeys, infatti, abbiamo pianificato un percorso coinvolgente e fortemente trasformativo per chi desidera apprezzare la quiete e il raccoglimento. A Lamayuru sarà possibile incontrare la piccola comunità di yogi presente nel luogo, i quali praticano un tipo di meditazione tantrica, anticamente professata nell’antico Tibet da figure di riferimento come Milarepa e Naropa. I nostri viaggiatori avranno, in questa occasione, anche l’opportunità di vivere l’esperienza toccante del rituale Chod, antica pratica tantrica. Questo rituale ha un aspetto esoterico molto profondo. La pratica meditativa è volta a contenere l’influsso dell’ego e l’attaccamento alla forma fisica materiale. Durante il rituale infatti, è proprio questa parte fisica che viene ‘donata’ ad ogni essere senziente, al mondo degli spiriti, allo scopo di rettificare la nostra natura e di elevare la nostra consapevolezza.
Un bellissimo insegnamento che avremo la possibilità di vivere in prima persona in questo luogo magico, avvolto da millenni di storia e dalla spiritualità profonda ereditata dai grandi Maestri.
Conscious Journeys vi aspetta per condividere l’emozionante percorso che abbiamo progettato per voi.
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