- by Conscious Journeys
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Nisargadatta Maharaj, maestro di saggezza illuminata, con i suoi insegnamenti ci ha donato il concetto di ‘liberazione’ espresso con una semplicità quasi disarmante. Il mondo che conosciamo si regge sul caos mentre la società moderna è intrisa di ansia, paura e violenza, sentimenti che sono diventati la base di una coscienza collettiva distorta. Per di più gli sforzi che l’uomo compie per tentare di affrancarsi dai problemi non sono adeguati, dal momento che derivano proprio da questo stato di disordine. Tutto ciò che origina da una prospettiva distorta, infatti, porta a sviluppare una qualche forma di conflitto.
Se l’affermazione personale non è il risultato di un lavoro eccellente ma la conseguenza di azioni di prevaricazione, o il benessere economico è raggiunto grazie allo sfruttamento e all’impoverimento del prossimo e del pianeta, significa che si è smarrito il significato profondo della vita. La storia ci riporta corsi e ricorsi nei quali lo spirito conflittuale sembra essere tramandato in modo costante lungo intere generazioni.
L’estremismo religioso e le convinzioni politiche, poi, seppure scaturite da ideali e valori di giustizia, sono la riprova di come anche le migliori intenzioni possano trasformarsi nell’esatto opposto quando vengono messe in pratica.
La soluzione a questo errore di fondo, indispensabile all’uomo per dare vita ad un reale cambiamento di direzione, non può trovarsi nell’adottare un nuovo modello sociale, religioso o politico elaborati con un’ottica ordinaria, poiché abbiamo riscontrato che non è assolutamente valida. Piuttosto, quello che si rende necessario, è un vero e profondo cambiamento interiore che permetta alla persona di affrancarsi dalle suggestioni coltivate nel tempo dalla coscienza collettiva. Per ottemperare a questo progetto di risveglio, l’individuo deve recuperare l’armonia con il fine ultimo della vita adoperandosi nel non semplice percorso dell’auto-analisi. I saggi di tutti i tempi hanno da sempre mostrato la via per liberarsi come il processo di costruzione della propria essenza, della vera natura del Sé, attraverso la percezione dell’Unità.
La società moderna, nel suo progressivo degrado, ha creato nuove mode anche in ambito spirituale tra cui troviamo il cosiddetto ‘neo-Vedanta’, una variante intellettualizzata di spiritualità attorno alla quale è nato un vero e proprio business. I guru di questa nuova corrente si avvalgono delle parole e degli insegnamenti dei veri saggi ma tralasciano totalmente il concreto lavoro che dovrebbe essere fatto, distorcendo completamente il messaggio che è stato tramandato.
Dal punto di vista esoterico, molti saggi affermano che non è più tempo di ‘Maestri’ e l’individuo ha come compito primario l’impegno a scoprire la propria autenticità e l’essenza del suo stesso essere in modo autonomo, senza sviluppare alcuna dipendenza da guru esterni o da movimenti ideologici. Gli insegnamenti che abbiamo ereditato dai grandi saggi di tutti i tempi ci trasmettono coerenza e strumenti per raggiungere l’auto-conoscenza, un percorso che dobbiamo necessariamente fare in solitaria.
Nisargadatta Maharaj può essere considerato uno dei veri grandi saggi che hanno saputo mostrare il vero lavoro spirituale indispensabile a ciascuno per evolvere. La sua stessa esistenza è un concentrato di coerenza e di semplicità. Come scopriremo tra poco, dopo essere riuscito a ‘risvegliarsi’, ritornò alla sua vita precedente senza fondare alcun ashram e accogliere discepoli o donazioni. L’unica cosa che fece, oltre a svolgere il suo lavoro di sempre, fu di ricavare una piccola stanza nella sua abitazione dove accoglieva chiunque avesse necessità di porre domande per incamminarsi alla ricerca della verità universale. Fu un saggio che seppe trasmettere il significato profondo di quanto aveva sperimentato al punto che diversi studiosi si interessarono ai suoi insegnamenti. Un particolare interessante è che Nisargadatta Maharaj si esprimeva in modo semplice, non conosceva il Sanscrito e non scrisse libri, ma tutti gli scritti che si trovano su di lui sono costituiti dai dialoghi che intrattenne con chi andava a trovarlo, e questa raccolta di pensieri rappresenta uno dei testi fondamentali per la spiritualità dei nostri tempi data la saggezza che trasmettono.
Nisargadatta Maharaj, che originariamente si chiamava Maruti Kampli, nasce a Bombay nel 1897.
Suo padre, Shivrampant, di fede indù, lavorò come domestico e successivamente divenne agricoltore. Quando il padre morì Maruti, allora diciottenne, fu costretto a lasciare la casa di famiglia per andare a Mumbay dove trovò lavoro come tabaccaio. Fu in quel periodo che conobbe Sumatibai, che sposò nel 1924 e dalla quale ebbe tre figlie femmine ed un maschio.
All’età di circa 33 anni ebbe occasione di conoscere il guru Sri Siddharameshwar Maharaj, il quale lo ispirò così tanto che Maruti decise di seguire il suo insegnamento in modo totale. Il guru gli insegnò a focalizzare la concentrazione sul mantra “Brahmasmi”, letteralmente “Sono il Supremo”.
Dopo pochi anni purtroppo Sri Siddharameshwar morì ma, nel 1936, Maruti giunse a realizzare lo stato di “moksha”, cioè la liberazione, assumendo il nome di Nisargadatta Maharaj. Infatti, nonostante avesse avuto poche occasioni di incontrare il guru Maruti, spinto dal suo profondo desiderio di conoscenza e sostenuto dalla totale ammirazione e fiducia nel suo Maestro, arrivo alla moksha in soli tre anni di auto-osservazione.
In seguito Nisargadatta si ritirò per un lungo periodo di meditazione sulle cime dell’Himalaya vivendo come un sadhu errante. Durante questo ritiro si rese conto che la vera attuazione del Sé non poteva essere subordinata all’ambiente in cui l’essere umano viveva e quindi decise di fare ritorno in famiglia e di riprendere la sua attività di tabaccaio. Tornò dunque nella caotica Mumbai dove riprese a gestire il suo negozio mantenendo ininterrottamente la sua non-divisione sino al momento della sua morte anche nei momenti in cui era impegnato nella quotidianità e si divideva tra lavoro e famiglia. Restò indenne da qualunque avvenimento che poteva accadergli e mantenne inalterata ed esatta per anni la descrizione precisa della realtà, al di là delle menzogne causate dalla mente, coltivando la sua umiltà e vivendo in modo semplice, e fino all’ultimo giorno di vita donò i propri insegnamenti a chiunque fosse interessato ad avanzare nel percorso di consapevolezza. Essendo infatti dotato di grande profondità spirituale, amava confrontarsi con i propri interlocutori su questi argomenti. Gli incontri con i suoi visitatori proseguirono fino a pochi giorni prima che abbandonasse il suo corpo vessato dalla malattia irreversibile che lui gestiva con un pacato distacco. Era chiaro che, a partire dal suo risveglio, Nisargadatta Maharaj non si identificava più con il proprio corpo e, allineato con ciò che insegnava, si accostava alla morte con leggerezza. Morì purtroppo di cancro nel 1981.
I concetti spirituali che Nisargadatta Maharaj ha donato al mondo indubbiamente non sono facili per chi è all’inizio di un percorso trasformativo profondo. Nonostante il suo linguaggio sia semplice, compiere quanto esprime e determina significa attuare un’altissima forma di conoscenza. Per questo motivo, alcune delle frasi estratte dai dialoghi intercorsi tra Nisargadatta e i suoi interlocutori sono perle rare di conoscenza, basi solide per una profonda e intima meditazione. Secondo gli insegnamenti di questo Maestro, la piena e vera realizzazione porta ad acquisire semplicità e mancanza di sforzo però, l’esercizio dell’auto-indagine, si rivela essere una responsabilità totale del nostro essere, qualcosa che è possibile ottenere soltanto calandosi totalmente in questo lavoro interiore ed è qualcosa che non è perseguibile assistendo ad un seminario o leggendo alcuni libri che parlano del non-dualismo.
Il saggio guru Sri Siddharameshwar basava il suo insegnamento a Nisargadatta su una famosa frase: “Tu non sei quello che credi di essere”. Spingendolo a riflettere sul profondo concetto che sta alla base di questa affermazione gli dimostrò come fosse possibile, attraverso lo sviluppo dell’auto-indagine, riuscire a comprendere di essere l’incarnazione dell’essenza dell’Assoluto, la matrice del Tutto da cui nasce ogni cosa.
La massima conoscenza, la più eccelsa saggezza (jñana) è la consapevolezza del Sé e riguarda lo sviluppo della comprensione di essere Pura Coscienza. Significa realizzare il concetto di incarnare lo stesso Brahman e di accogliere pienamente la vita che interessa il corpo e l’individuo, come un gioco delle parti articolato da ciascun elemento della realtà.
Nisargadatta Maharaj era arrivato allo stadio in cui si è coscienti del fatto che il mondo, in sé e per sé, non può esistere se non vi è consapevolezza del Sé e portava le persone con cui interagiva a capire l’entità del concetto non-dualista il quale afferma che il mondo è illusione, che soltanto il Sé può essere considerato reale e che il Sé “è” il mondo.
Nel dialogo datato 16 aprile 1971, Nisargadatta spiegava questo concetto con parole semplici:
“Il Guru mi ha detto: … Torna a quello stato di puro essere, dove l’“Io sono” è ancora nella sua purezza prima di essere contaminato da “Io sono questo o quello”.
E ancora:
“Io gli ho creduto e l’ho fatto. Mi disse risiedi nell’”Io sono”. Mi sedevo per ore, con nient’altro che l’”io sono” e presto la pace e la gioia e l’amore profondo che abbraccia tutto è diventato il mio stato normale. In quello stato tutto scomparve, io, il mio guru, la vita che vivevo e il mondo intorno a me. Solo la pace è rimasta e il silenzio insondabile.”
Parole di una semplicità e chiarezza quasi disarmanti che indicano quanto sia importante abbandonare l’identificazione con le infinite maschere che indossiamo per fare posto alla luce della piena consapevolezza.
Ecco che allora possiamo condensare il pensiero di Nisargadatta Maharaj nel cosiddetto ‘Grande Verdetto‘: Tat tvam asi, “Tu Sei Quello”.
Dagli scritti originati dai suoi dialoghi con i visitatori che giungevano a lui da ogni parte del paese, traspare la profondità del suo pensiero e si evidenzia la sua reale, pura consapevolezza come in questo ulteriore dialogo:
“Provate a essere, unicamente essere. Concedetevi giornalmente abbastanza tempo per sedervi nella calma e provare, solo provare a oltrepassare la personalità e le sue ossessioni. Perseverando in tal modo non potete fallire. Quello che importa soprattutto è la serietà e la sincerità; bisogna proprio che abbiate la nausea di essere la persona che siete e che sentiate il bisogno urgente di essere libero dalle identificazioni inutili, un fascio di ricordi e di abitudini.”
Nella sua immensa saggezza Nisargadatta Maharaj, in merito al difficile percorso di auto-indagine, specificava che “Il Gran Verdetto è verace, ma le tue idee sono false, perché tutte le idee lo sono”.
Per questo motivo gli insegnamenti dei saggi, nonostante brillino in modo cristallino e siano così semplici nell’esposizione, rappresentano una delle più grandi sfide per l’animo che deve saperle cogliere ma, cosa ancora più difficile, deve saperle attuare.
Nisargadatta Maharaj ci ha dimostrato che è possibile avvicinarsi alla Pura Essenza coltivando la costante ‘spoliazione’ degli strati egoici che incrostano la personalità e che ne determinano l’identificazione distorta con la coscienza. Siamo pietre preziose, lucenti, ma ricoperte di incrostazioni che ci impediscono di brillare. Solo rimuovendo questa patina torneremo al nostro splendore originario: il primo passo è comprenderlo e il secondo è abbracciare la sfida. Ne va della nostra libertà interiore.
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